domenica 7 febbraio 2010

I RAGAZZI DEL SABATO SERA:realtà o leggenda?

Viaggio del sabato sera in una discoteca.
Sono entrato nella bolla d'aria in cui spazio e tempo sono dilatati. Di solito si raccontano le disco per parlare di alcol, droghe, risse, sballo e stragi del sabato sera. Noi abbiamo scelto di ribaltare il punto di vista e guardare quel mondo da un’altra prospettiva. L’angolo da cui abbiamo sbirciato si chiama vuoto, solitudine, sfogo, divertimento. Può anche esserci lo sballo ma dietro c'è qualcosa di più profondo. Ovunque e in ognuno abbiamo trovato una ricerca. Ovunque abbiamo trovato un’estrazione sociale composita come se la discoteca fosse il posto in cui le differenze di classe si annullano. Ovunque c’è una forma di comunicazione, più o meno reale, più o meno alterata. Su tutto c’è un bisogno ciclico di morire e rinascere ogni fine settimana. Ribaltarsi tra la normalità e l’eccesso. Tra il perbenismo e la trasgressione. Tra la fatica del lavoro e della vita e lo sfogo. E poi di nuovo la normalità.

In questa ruota c'è una rincorsa. A volte si perde l'obiettivo e rimane solo la ciclicità. Una settimana dopo l’altra. Si dice che oramai i confini netti non esistono più, che tutto è sfumato, indefinito. Non e' vero. La discoteca ha un muro chiaro e visibile tra il dentro e il resto del mondo. Il resto del mondo giudica, vuole le gerarchie, dice cosa è giusto e cosa è sbagliato, rende le persone inadeguate e imprecise, blocca la comunicazione. Il dentro è un’altra cosa: è la quintessenza della democrazia. «Tu puoi» sembrano urlarti in quell’ambiente col volume della musica perforante. Un po’ girone infernale, un po' paradiso, la discoteca ti risucchia in una dimensione parallela in cui tutto sembra lecito, in cui tu quasi puoi scegliere chi essere in quel momento. Per finta, per gioco, per una volta. Si sente qualcosa che sale e contagia.

In quella metamorfosi e in quella ritualità la massa diventa una tribù. È come se fuori di lì ognuno per qualche ragione si sentisse inadeguato. È come se dietro ci fosse un bisogno di appartenenza che può esprimersi con quel rito. Come se ci si concedesse la possibilità di sfogarsi per poi rientrare nelle regole . E questo vale per il banchiere, per l'operaio e per la prima della classe. In discoteca, un po' paradiso, un po' girone infernale, si consuma l'illusione di rimediare alla propria solitudine. Ovunque abbiamo trovato persone sole. Per ragioni diverse. Ma tutte con un burrone dietro le spalle. Che ogni sette giorni portano la loro solitudine tra la mischia e nel ritmo. In questo modo la aggrediscono, la esorcizzano, non la pensano. La ballano

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